giovedì 23 settembre 2010

Attacco a Haltestelle - Epilogo 2

Pensavate fosse finita? Beh dopo il Prologo il prode Bretoniano mi ha mandato anche il suo Epilogo, per cui per completezza lo pubblico qui. E colgo l'occasione per segnalare che la storia di Haltestelle e dei Van Der Kloster è stata sviscerata qui

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La coscienza tornò a poco a poco nelle sue membra. Sotto forma di suoni, ombre, vaghe luci. E dolore. Si rigirò tra le candide lenzuola che ora riusciva a intravedere con gli occhi socchiusi, ma se ne pentì subito. La gamba sinistra gli rispose con una fitta lancinante e i muscoli del petto si contrassero sotto le pesanti bende, togliendogli il fiato. Riadagiò la testa, anch'essa sofferente, sul morbido cuscino e decise che per il momento era meglio accontentarsi di vedere passivamente il mondo piuttosto che cercare di muoversi in esso. Il vento che sentiva sulla sua pelle era fresco come quello della mattina precedente, ma ora non si trovava più in una tenda, bensì in una stanza arredata in maniera elegante. La grande finestra che dava luce all'ambiente dava su di uno specchio d'acqua circondato dalle case e solcato da grandi velieri. Quanto era diversa la ricca Marienburg dalla sua piccola e arida Rochebrune, sperduta nel deserto del Confine.
Le cose iniziarono a migliorare, il dolore divvenne più sopportabile.
La vista gli era ormai tornata quasi interamente e, come scoprì di lì a poco, anche l'udito.
"Tu e il tuo maledetto sonno pesante... finalmente ti sei svegliato...".
Richard girò il capo, ma non c'era bisogno dei suoi occhi per capire chi aveva parlato. Quella voce era più squillante di cento tronbe di guerra. Di quella voce lui si era innamorato.
"Io..."
"Non parlare, anzi non biascicare... Ti ci vorrà ancora qualche giorno per rimetterti del tutto, ma Dama Génèvieve mi ha detto di stare tranquilla. Con il suo aiuto le tue ferite guariranno, anche se mi ha confidato di non poter far nulla per guarirti dalla tua avventatezza. Assalire un conte imperiale e il suo grifone da solo... Ma cosa ti ha detto quella testaccia dura?"
Sua moglie era fatta così. Sapeva sempre trovare il lato divertente di ogni cosa e adorava punzecchiare il suo maritino. Ma sul suo viso erano evidenti i segni della stanchezza e, peggio ancora, della paura. Richard non era affatto sorpreso di vederla lì, accanto a lui, in quella terra così lontana. Non poteva sapere quanto fosse rimasto
privo di conoscenza, ma una cosa era innegabile: lei era capace di attraversare centinaia di chilometri in un attimo pur di rimanergli accanto nei momenti difficili. E quello doveva essere un momento dannatamente difficile.
"Bénédicte," riprese lui, ignorando i tentativi della moglie di zittirlo, "Gli uomini?".
La moglie trasse un sospiro. "Abbiamo avuto delle perdite, ma per grazia della Dama il grosso del nostro esercito è riuscito a ripiegare senza danni eccessivi. I tuoi cavalieri hanno combattuto per ore pur di sottrarti alle soldataglie di Von Ein. Rashid mi ha detto che quando sono finalmente arrivati sul luogo del tuo duello con Von Ein
hanno trovato Grisanche e Fergris che ti facevano la guardia... gli zoccoli del tuo pegaso e gli artigli del nostro cucciolo avevano appena messo in fuga un picchetto di Grandispade...".
Richard sorrise, per quanto il dolore glielo permettesse. "E pur tuttavia abbiamo perso...".
"Non crucciarti, amor mio. Chi ha perso sono i marienburghesi. Ricordati che per noi Haltestelle significava ben poco. Tuo zio mi ha detto che la notizia del tuo duello contro Von Ein è giunta alle orecchie del nostro sovrano e che egli ne è rimasto impressionato. C'è già chi parla della necessità di difendere l'onore dei Principati di Confine ancora in mano bretonniana. A sentir lui potremo contare su qualche nuovo amico a corte...".
"Qualche nuovo amico a corte, certo. Forse la morte di quei cavalieri non sarà stata del tutto vana. E anche il coraggio dei nostri armigeri...".
Si interruppe. L'imbarazzo aveva ora preso possesso del bel viso della moglie. 
"Cos'altro mi devi dire, Bénédicte?".
"Il problema sono proprio gli armigeri. Quel pazzo di Roland vuole giustiziare un soldato ogni dieci per la loro fuga alla fine della battaglia. Dice che vuole impiccare personalmente gli arcieri che ti erano vicino quando sei caduto, colpito da Von Ein, e...". 
"Pazzo scellerato!" urlò, e per un attimo sembrò aver ripreso tutte le sue forze. "Quei valorosi hanno tenuto il nostro fianco sinistro anche dopo che i miei cari giovani cavalieri, i cadetti dei nostri nobili, se l'erano data a gambe levate! Secondo lui chi ci scorterà nel viaggio di ritorno verso Rochebrune? E dove li troveremo degli altri
arcieri abili come loro? Me li darà lui? E' la sua testa che dovrebbe pendere da una forca, non..."
"E tu non dovresti sforzarti," lo interruppe lei, versandogli da bere. 
"Sapevo che avresti reagito così. Ecco perchè ho mandato Rashid a fermare quell'idiota. Spero solo che Roland mostri infine un po' di saggezza, altrimenti sarà il nostro amico dalla pelle scura a insegnargliela. Tutto in tuo nome, naturalmente."
Richard sogghgnò, scuotendo la testa. "Naturalmente. Ma cosa c'è su quel tavolo?".
Bénédicte si alzò e prese dal tavolo vicino un piatto d'argento coperto da un panno color cremisi. Sollevandolo, scoprì alcuni frammenti di metallo consunti dal tempo ma dalla foggia inconfondibile. Gli occhi di Richard brillarono di gioia.
"I resti della spada di Sir Dagobert... erano nel Sacrario di Haltestelle...". Bénédicte ripose con cura le reliquie, ricoprendole con deferenza.
"Visto che non potevano più difendere il sacrario, i cavalieri di Sir Guillaume hanno deciso di portarselo dietro. Anche per questo, la tua battaglia non è stata vana."
Richard fece un cenno di assenso col capo e si riadagiò sul letto. Ora non rimaneva che tornare alla sua città, alle sue case e a quella che era la sua vera terra. Nell'attesa di risfoderare ancora una volta la sua spada e di dimostrare a tutti il vero valore dei Principati di Confine.
Il prossimo scontro, si ripromise, sarebbe finito in maniera molto diversa.
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